Quando il vino era medicina: la storia della nascita della galenica

Quando il vino era medicina: la storia della nascita della galenica

Il vino non è soltanto convivialità, cultura e territorio: per secoli è stato anche uno strumento terapeutico, parte integrante della storia della medicina. E così settembre, il mese della vendemmia, diventa anche l’occasione per riscoprire un capitolo affascinante, che unisce enologia e scienza antica, tra tradizioni popolari e intuizioni mediche.

 

Il vino a scopo curativo

 

L’uso del vino a scopo curativo affonda le radici in epoche lontane. Gli Egizi lo impiegavano come anestetico locale, mentre gli Etruschi lo applicavano contro dolori articolari, ascessi e ferite. Con Ippocrate di Cos, padre della medicina occidentale, arrivano le prime testimonianze scritte: nel V secolo a.C. lo prescriveva come rimedio per abbassare la febbre, detergere le ferite e stimolare le funzioni digestive.

 

Il vino nei decotti medicinali: la nascita della galenica

 

Il rito della vendemmia offre l’assist per riportare alla luce un capitolo affascinante della storia della medicina. Tra i protagonisti figura Galeno di Pergamo (129-201 d.C.), il medico che per primo sistematizzò l’uso del vino come rimedio terapeutico e che, grazie alle sue intuizioni, ha lasciato un’eredità destinata a segnare secoli di pratica medica.

 

Galeno, medico personale dell’imperatore Marco Aurelio, considerava il vino molto più di una bevanda conviviale: per lui era un vero strumento farmacologico. Nelle sue opere descrisse con precisione le proprietà antisettiche, analgesiche e toniche di questo liquido, raccomandandone l’uso per detergere le ferite, abbassare la febbre e rinforzare i corpi debilitati. Ma non si fermò qui. Galeno capì che il vino poteva diventare anche un “solvente naturale”, capace di estrarre e veicolare i principi attivi delle piante medicinali, rendendoli più efficaci e facilmente assimilabili dall’organismo.

 

Fu proprio da questa intuizione che nacque la galenica, l’arte di preparare rimedi personalizzati a partire da sostanze naturali. Il medico di Pergamo elaborava decotti, infusi e vini aromatizzati, che combinavano il potere del vino con quello delle erbe. In un’epoca in cui la chimica moderna era ancora lontana, questo metodo rappresentò una vera rivoluzione: significava rendere la terapia più mirata, calibrata sul singolo paziente, e soprattutto più sicura rispetto ai rimedi improvvisati della tradizione popolare.

 

L’eredità di Galeno di Pergamo

 

La fama di Galeno fu tale che per oltre mille anni, fino al Rinascimento, la medicina europea rimase legata ai suoi insegnamenti. Le “preparazioni galeniche” sono oggi più che mai parte del linguaggio e della pratica farmaceutica, a testimonianza di quanto le sue scoperte abbiano inciso sulla storia della scienza.

 

Ma la tradizione non si fermò al mondo antico: nel Medioevo Arnaldo da Villanova, celebre medico catalano, dedicò al tema un trattato intero, il Liber de Vinis, in cui sottolineava le virtù corroboranti e antisettiche del vino e ne suggeriva l’uso in impiastri e infusi aromatizzati. Nei secoli successivi la “terapia vinaria” restò pratica comune: ancora nell’Ottocento i medici europei consigliavano il vino come analgesico e cicatrizzante, da applicare direttamente sulle fasciature. Persino le cronache di corte ne riportano l’uso: Luigi XIV, il Re Sole, trovò sollievo dai dolori della cancrena immergendo la gamba in una vasca di vino caldo alle erbe, su prescrizione del suo medico.

 

Oggi la medicina moderna ha superato queste pratiche, ma il vino resta un patrimonio culturale e simbolico. Ricordarne la storia significa riscoprirne il valore non solo come prodotto della terra, ma anche come protagonista di un percorso che intreccia salute, scienza e civiltà.

 

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