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Adolescenti tra DAD e dipendenza dai social: come aiutarli

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Adolescenti tra DAD e dipendenza dai social: come aiutarli

Negli ultimi giorni, a gettare una luce sinistra sull’impatto negativo dell’ormai celeberrima ‘DAD‘, acronimo che sta ad indicare la didattica a distanza, è stato un rapporto di Save the Children. Citiamo testualmente: “Per quasi 6 studenti su 10 (59%) la propria capacità di socializzare ha subito ripercussioni negative, così come il proprio umore/stato d’animo (57%) e una quota di non molto inferiore (52%), sostiene che le proprie amicizie siano state messe alla prova. Per il 18% anche le relazioni con i propri familiari sono peggiorate”.
Cosa ci dicono questi numeri? Sicuramente ci parlano della difficoltà sperimentata dagli adolescenti in questa pandemia, con molti ragazzi che come risposta a questa crisi stanno sviluppando una vera e propria dipendenza da social.

La solitudine dei ragazzi

Anche Giovanna Perricone, presidente della Società Italiana di Psicologia Pediatrica, ha spiegato a Fanpage come i giovani abbiano vissuto di fatto due fasi: una, coincidente con l’inizio della pandemia, caratterizzata da stupore e da un certo piacere, dettato dalla possibilità di ridurre l’impegno scolastico; l’altra, però, quella della DAD, ha visto subentrare nei ragazzi una tendenza ritirarsi in sé stessi, ad isolarsi, perdendo così quello che è il tratto distintivo di quell’età: la messa in discussione dell’ordine prestabilito, la voglia di agire, di essere protagonisti, di “mangiarsi il mondo”, per usare un’espressione forse poco tecnica ma molto descrittiva.

La dipendenza dai social

Gli adolescenti stanno così rifugiandosi in una realtà parallela ma virtuale, per non dire fasulla. In una quotidianità di rapporti che prende una parvenza di vita su Facebook, Instagram e Whatsapp, ma che nulla ha a che vedere con l’esistenza vera e propria, con la partecipazione, la crescita, l’impegno fattivo in quella piccola società che è una classe.
Cosa possono fare, allora, i genitori per invertire questa tendenza? Sempre secondo Giovanna Perricone è necessario “lavorare sulle capacità dei ragazzi di sviluppare capacità come agency (capacità di agire attivamente) e problem solving. Dobbiamo aiutarli nell’imparare a vedere e riconoscere le proprie risorse e insegnare loro a metterle in campo”. Serve insomma ridestarli dall’apatia forzata in cui sono piombati, risvegliando la capacità di discutere, di confrontarsi, di dialogare, alle volte anche di “attaccare” i propri genitori. Per riemergere dalle sabbie mobili dell’indifferenza e del disagio. Ma soprattutto per limitare i danni di una didattica a distanza che, per citare le parole di Roberto Vecchioni, assomiglia a “una ferita quasi mortale”.

 

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