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Intossicazione da mandragora nel Napoletano: cos’è e quali sintomi provoca questa pianta velenosa

Intossicazione da mandragora nel Napoletano: cos’è e quali sintomi provoca questa pianta velenosa

Sono dieci le persone finite in ospedale a Pozzuoli per un’intossicazione alimentare che potrebbe essere ricondotta alla presenza per errore di mandragora in spinaci freschi comprati sfusi in negozi di Quarto e Monte Procida, nel Napoletano. Per diradare ogni dubbio si attende l’esito degli esami tossicologici in corso ordinati dall’Asl Napoli 2 Nord, pur nella consapevolezza che i tempi richiesti dalle analisi di laboratorio non saranno brevissimi.

 

Cos’è la mandragora?

 

Diffusa in tutta l’area del Mediterraneo, la mandragora appartiene alla famiglia delle Solanaceae. Può essere facilmente scambiata da occhi non esperti con spinaci, borragine e bietola selvatica. Una svista non innocua, che rischia di rivelarsi fatale visto che l’intera pianta contiene sostanze allucinogene, alcaloidi come scopolamina, atropine e ioscina. Una volta ingerita, la mandragora può causare uno o più dei seguenti sintomi: secchezza delle fauci; visione offuscata e midriasi; aumento della temperatura corporea; difficoltà di minzione; sonnolenza; tachicardia; vertigini; mal di testa; delirio e allucinazioni. La terapia da somministrare in emergenza è la fisostigmina per via endovenosa, da effettuare ovviamente in ospedale.

 

Le leggende sulla mandragora

 

Fin dall’antichità la forma delle sue radici, simile a quella di un uomo in miniatura, e la sua elevata tossicità hanno alimentato leggenda e racconti noir aventi questa pianta protagonista. Questa caratteristica antropomorfa nel Medioevo portava a ritenere che la pianta urlasse quando veniva estirpata dal terreno; per questo motivo era buona norma tapparsi le orecchie nell’atto di raccoglierla. Gli antichi le accreditavano inoltre virtù afrodisiache e la capacità di curare la sterilità; ma attenzione, se raccolta in primavera, appena nata, si riteneva che la mandragora potesse indurre pazzia o paralisi; se raccolta già matura anche la morte. Altre credenze popolari volevano che le mandragore nascessero dallo sperma e dall’urina emessi in punto di morte dagli uomini impiccati. Una versione inquietante quasi quanto quella in voga tra gli antichi romani, secondo cui all’interno della radice era nascosto un demone che, se sollecitato, avrebbe ucciso chi aveva raccolto la pianta. Per estirparla dal terreno bisognava dunque eseguire un preciso rituale, disegnando 3 cerchi intorno alla radice con un ramo di salice e, dopo aver fatto urinare una fanciulla vergine sul terreno, consentirle di raccoglierla premurandosi però di guardare ad ovest. Non meno laborioso il metodo di Teofrasto di Lesbo e Plinio il vecchio, secondo i quali dopo aver versato sul terreno del sangue di mestruo o dell’urina di una fanciulla, con le orecchie coperte per non sentire si poteva legare al piede della radice una corda, serrata dall’altro capo al collo di un cane nero che, correndo, l’avrebbe estirpata.