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Una mascherina, diverse personalità

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Una mascherina, diverse personalità

Dimmi quale mascherina indossi (e come) e ti dirò chi sei.
Qualcuno potrebbe pensare ad un’esagerazione, ma la pandemia ha fornito ad ognuno di noi un’incomparabile chiave di lettura degli altrui caratteri. Ecco a voi i profili più comuni delle mascherine e soprattutto delle “maschere” che ci circondano. Una sola premessa, prima di iniziare: qualcuno potrebbe riconoscersi in questa descrizione, ma vale la legge del cinema: ogni riferimento è puramente casuale.

Una sola mascherina, rigorosamente chirurgica

Questo esemplare potrebbe essere definito “il fatalista”. Indossa la mascherina perché gliel’hanno detto. Se va bene ne cambia una al giorno, quando va male possono trascorrerne però anche un paio. E’ difficile che rispetti la scadenza di durata: cambiare una mascherina ogni 4 o 6 ore? Esagerazione! Alla pandemia si approccia con lo spirito di chi pensa: “Se è destino il virus lo becco lo stesso”. Gli studi sull’efficacia della doppia mascherina non li ha neanche letti. Si limita allo stretto necessario. E gli costa. Fa parte di coloro che per rompere il ghiaccio dicono: “Con queste mascherine non si respira”. Per rispondere al telefono la toglie. Fa lo stesso quando deve parlare in strada con qualcuno. Esprime il suo meglio al momento di salutare un amico: bacio sulle guance con tanto di mascherina (forse vecchia da giorni). Uno scambio di droplet non guasta mai.

Una sola mascherina, ma sul mento

L’esemplare di città più comune, nelle ultime settimane si è replicato, ha invaso le nostre strade. La mascherina sul mento è il suo segno distintivo. Da tempo non è più un dispositivo di protezione ma un accessorio che può essere equiparato agli occhiali da sole sulla fronte, in perfetto stile anni Novanta. In un certo senso, però, quella mascherina da qualcosa protegge. No, non dal mal di gola. Ma dagli sguardi dei più attenti, gli integralisti dell’anti-contagio: “La mascherina ce l’ho, ora la metto”, sembra dire l’esemplare in questione quando viene squadrato con diffidenza. Non siamo in grado di rispondere sullo stato della stessa: potrebbe essere addirittura risalente al 2020, per quanto ne sappiamo. Preferiamo non avvicinarci per ulteriori verifiche.

Una sola, sul braccio

A seconda che la indossi una donna o un uomo, il messaggio implicito che porta con sé cambia drasticamente. La donna con la mascherina sul braccio la gestisce con la stessa disinvoltura con cui maneggia una borsa griffata. Simbolo di femminilità: a mostrare i lineamenti del volto, al suo rossetto proferito, non rinuncia. Paradossalmente, però, lo stesso ragionamento vale per il sesso maschile: la mascherina sul braccio diventa emblema di virilità. L’uomo ruspante – e fesso – non teme il virus, per questo si limita a tenere la mascherina sul braccio (ovviamente palestrato), pronto ad imbracciarla all’occasione, come fosse una spada, ma mica per proteggere sé stesso, no, al limite per mettere al riparo voialtri, deboli che siete!

Di stoffa, alla moda

A portarla sono soprattutto le donne. Quando hanno capito che la pandemia le avrebbe private del gusto di truccarsi come sempre, che la mascherina avrebbe giocoforza impedito loro di mostrarsi in tutto il proprio splendore, hanno fatto (come sempre) di necessità virtù. Al bando la mascherina chirurgica: oscena! Degli altri modelli non ne parliamo. Meglio quelle di stoffa, colorate, variopinte, tante, a secondo del vestito da indossare, una per ogni outfit. La moda non conosce eccezioni, anche la mascherina vuole la sua parte.

Mascherina “di partito”

C’è quella tricolore, quella che raffigura Alberto da Giussano, ma non mancano quelle con la falce e il martello e con il volto stampato del Che. A volte la mascherina può diventare una dichiarazione di fede (politica). Ma perché no? Anche sportiva. Sì, perché se una volta si compravano le magliette, adesso il merchandising delle squadre di calcio prevede anche la mascherina. Impossibile per ogni tifoso che si rispetti rinunciare a questa tentazione salutista.

“Two is megl che one”

Chiudiamo con loro: i “talebani” della mascherina. Ne hanno sempre un paio addosso. Qualcuno giura di averli visti coricarsi con doppia mascherina, altri sostengono che riescano perfino a mangiare senza toglierle. Dallo scoppio della pandemia non hanno perso una sola lezione di Burioni, un bollettino della Protezione Civile, un articolo su Lancet. Con la mascherina stanno bene, così bene che anche quando il Covid sarà passato continueranno ad indossarla (il New York Times li ha ribattezzati “permamasks”) perché – spiegano con un certo rigor logico – “chi mi dice che la prossima pandemia non scoppi proprio in Italia? Meglio prevenire!”. Sostengono a tal proposito di non aver avuto neanche un raffreddore grazie alla loro doppia protezione: se la toccano spesso, la aggiustano, verificano meticolosamente che passi a malapena l’ossigeno per respirare. Squadrano con malanimo tutti coloro che ne indossano a malapena una (e male). Sanno di essere più intelligenti, ma temono sempre il destino in agguato, il colpo di coda imparabile della sfortuna. Eppure, nonostante tutto, nessuno può dargli torto: “Two is megl che one”.